SOS Villaggi dei Bambini – 16.02.2022

"Supporto psicologico e povertà educativa tra i nuovi temi chiave per il futuro"

L'intervista al Direttore di SOS Villaggi dei Bambini che delinea le priorità per proteggere l'infanzia in Italia e all'estero

Iniziamo spiegando ai lettori qual è il fulcro della missione di SOS Villaggi dei Bambini.

Come SOS Villaggi dei Bambini siamo la sede italiana di una Federazione presente in 137 Paesi. Operiamo dal 1949, quando, dopo la seconda guerra mondiale, l’Europa era devastata e c’erano tantissimi bambini rimasti orfani. Il nostro fondatore Hermann Gmeiner decise di aiutare questi bambini, rimasti completamente soli, accogliendoli e assicurando loro le cure adeguate per crescere all’interno di un ambiente familiare che caratterizza fin da allora i Villaggi SOS. Nel 2023 saremo presenti da 60 anni in Italia, perché nel 1963 è nato il primo Villaggio SOS a Trento. Da allora ci adoperiamo affinché i bambini e i ragazzi che non possono beneficiare di cure adeguate crescano in una situazione di parità con i loro coetanei.

E in che modo perseguite questo scopo?

Cercando di aiutare lo sviluppo del loro potenziale e dando loro la possibilità di una vita indipendente o autonoma. Perché se già per qualsiasi ragazzo è difficile diventare autonomi, si può immaginare cosa significhi per i ragazzi che non possono avere le cure della propria famiglia. Per loro è ancora più difficile diventare autonomi.

Come si traduce tutto questo nella vostra attività quotidiana?

Lavoriamo per bambini e ragazzi che non hanno le cure parentali e che sono a rischio di perderle, perché agiamo anche attraverso un lavoro di prevenzione con le famiglie biologiche. In Italia promuoviamo i diritti di oltre 30mila bambini e giovani che vivono al di fuori della propria famiglia, attraverso azioni di advocacy.

Ci prendiamo cura direttamente di circa 800 persone, tra bambini e ragazzi e famiglie vulnerabili, attraverso Programmi e Villaggi SOS a Trento, Ostuni (Puglia), Saronno, Mantova, Torino, a Crotone e in altre zone della Calabria.

Quali attività svolgete al fine di sostenere la vostra missione e realizzare concretamente i vostri intenti?

Accogliamo nei Villaggi SOS bambini e ragazzi privi di cure adeguate. Se il nucleo familiare rappresenta, invece, un rischio per lo sviluppo del bambino o del ragazzo, sosteniamo le famiglie vulnerabili per prevenire la separazione dei bambini dai genitori o dai parenti. Ci impegniamo affinché i minorenni migranti, spesso non accompagnati, che arrivano nel nostro Paese possano superare le molteplici sfide dell’integrazione, attraverso il sostegno psicosociale, la promozione dell’affido familiare, l’apprendimento della lingua, il supporto all’inserimento scolastico e lavorativo.

Lavoriamo con le famiglie migranti, principalmente nuclei composti da mamme con bambini, offrendo loro interventi integrati di protezione e integrazione. Portiamo avanti azioni di advocacy verso le Istituzioni e gli enti di riferimento con l'obiettivo di migliorare le condizioni dei bambini e dei ragazzi che hanno perso le cure della loro famiglia o sono a rischio di perderle. Ci adoperiamo perché sia assicurata la loro partecipazione ai processi decisionali che li riguardano.

Può raccontarci come funziona l’adozione a distanza dei bambini che accogliete nei vostri Villaggi SOS?

Naturalmente ci occupiamo direttamente dei programmi in Italia, ma abbiamo anche il dovere (come sede italiana di un’organizzazione più ampia) di aiutare i bambini fuori dall’Italia.

Non gestiamo come sede italiana direttamente i programmi all’estero, ma in ogni Paese in cui siamo presenti come Federazione ci affidiamo ai nostri colleghi. Abbiamo la funzione di raccogliere fondi per loro e per i bambini in altri Paesi all’estero. L’adozione a distanza è un gesto molto semplice. Con una cifra esigua al mese è possibile assicurare al bambino cure mediche, accesso all’istruzione, una casa e una famiglia che lo ami e si prenda cura di lui.

In che modo l’adozione a distanza va a sostenere le vostre attività?

I bambini che vivono nei Villaggi SOS possono ricevere non solo le cure di base, ma anche il senso più profondo di una vita e del calore di una famiglia. Il sostenitore in Italia riceve informazioni, foto, aggiornamenti sul bambino e anche sulle attività più ampie di tutto il Villaggio SOS.

Non solo. Prima della pandemia, quando era più semplice viaggiare, tanti nostri sostenitori sono andati a conoscere direttamente i bambini. Sempre rispettando le policy d’interazione, questo incontro diretto si rivela sempre molto arricchente per tutti: per il bambino e per il sostenitore che entra in contatto con un’altra cultura attraverso il proprio gesto di solidarietà.

In quali Paesi siete presenti e cosa differenzia e caratterizza l’attività che svolgete in Italia rispetto ai Villaggi SOS ubicati all’estero?

Il modello di intervento è uguale nei 137 Paesi in cui opera l’intera Organizzazione e, allo stesso tempo, si adatta alle esigenze specifiche di ogni territorio. Questo è il nostro punto di forza.

Ci sono, infatti, alcune differenze contingenti. Nei Paesi in via di sviluppo supportiamo maggiormente le mancanze di tipo materiale, per esempio gestiamo noi direttamente delle scuole e degli asili perché l’istruzione pubblica è molto fragile. Oppure diamo un sostegno all’assistenza sanitaria pubblica gestendo centri medici specializzati. L’altra differenza è che molti Paesi diversi dall’Italia vivono emergenze come inondazioni, calamità e guerre. Abbiamo quindi programmi di emergenza pensati per rispondere in modo specifico a queste situazioni.

Qual è stato l’impatto della pandemia da coronavirus sulle attività portate avanti dalla vostra associazione?

La pandemia e il lockdown sono stati sicuramente più impattanti per quelle famiglie che già presentavano delle criticità relazionali o delle fragilità.

Quindi abbiamo visto un aumento esponenziale delle richieste di accoglienza dei nostri villaggi. Sia di bambini, ma anche in relazione ai nuclei (mamma e bambino). Attraverso il Programma Mamma e Bambino accogliamo mamme che sono state vittime di violenza e i bambini che assistono a episodi di violenza all’interno della famiglia e sulle loro mamme. Durante la pandemia c’è stato un aumento di questo tipo di accoglienza, con un pesante effetto sui bambini e sui ragazzi dal punto di vista psicologico.

Può entrare nello specifico?

Paure, incertezze, rabbia erano sentimenti comuni che già questi bambini si portavano dentro per il loro vissuto. Una situazione ingigantita dall’isolamento e dalla chiusura.

Questo ha significato per noi la necessità di rafforzare le attività legate alla salute mentale e al supporto psicologico. In Italia un adolescente su tre dichiara di soffrire di ansia e depressione.

Un’altra cosa importante è il tema della povertà educativa. Da una parte c’è il problema della didattica a distanza e del digital divide. Ci siamo attivati per fornire computer e un sistema wi-fi in ogni casa per permettere a ogni bambino e ragazzo di seguire le lezioni da remoto. È stata una fatica molto grande. Fortunatamente abbiamo avuto molti sostenitori, tra i quali il Ministero dell’Istruzione e anche aziende che ci hanno aiutato molto da questo punto di vista.

Cosa ci può raccontare in merito al tema della povertà educativa?

Il termine è stato introdotto alla fine degli anni '90 per sottolineare come la povertà sia un fenomeno multidimensionale e quindi non riconducibile alla componente prettamente economica. A causa della pandemia è diventata a nostro parere una vera e propria emergenza sociale. Tenga presente che questo è un fenomeno strettamente connesso a quello della povertà assoluta e in Italia riguarda un milione e 300mila bambini. Per non parlare delle famiglie e delle persone a rischio di povertà assoluta: oltre quattro milioni in Italia. Con tutti i riflessi sui bambini. È un fenomeno che esisteva anche prima e che la pandemia ha fortemente esacerbato. Noi come organizzazione abbiamo l’intenzione di focalizzarci su questo tema nei prossimi anni.

In conclusione, in che modo può essere di aiuto chi desidera sostenere la vostra associazione o le vostre attività?

Di concreto si può fare tanto, anche con poco. Possono fare tanto le persone e gli individui, ad esempio decidendo di attivare una donazione regolare per i nostri programmi o un’adozione a distanza. Ma una persona può anche decidere di diventare un nostro attivista, cioè un volontario che si adopera per creare opportunità di raccolta fondi sul territorio. Le aziende si possono attivare sia come struttura, sia attraverso l’impegno dei dipendenti. Si può aiutare davvero in tanti modi e per noi è un gran piacere entrare in relazione con chi decide di sostenerci.


L'intervista è apparsa sul sito Blasting News, nella rubrica Blasting Talks: una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.

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