Care leavers
– 08.05.2025
Care leavers in Italia, ritratto di giovani in cammino verso l’autonomia
Ogni anno, in Italia, circa 3000 care leavers si preparano ad affrontare la vita in autonomia. Sono giovani neomaggiorenni vissuti lontano dalla famiglia di origine, in affido o in comunità, che hanno bisogno di essere accompagnati verso il futuro, con una casa, un lavoro, una formazione qualificata. A loro sono dedicati diversi interventi, tra cui la Sperimentazione Nazionale Care Leavers e specifiche previsioni normative.
Diventare maggiorenni, per molti giovani, è un traguardo che segna l’inizio di nuove libertà e opportunità. Per altri, però, coincide con la fine di ogni tutela. È il caso di chi ha vissuto l’infanzia o l’adolescenza fuori dalla famiglia di origine, spesso a causa di situazioni difficili, e al compimento dei 18 anni si ritrova a dover fare i conti con l’autonomia senza poter contare su una rete di sostegno. Per questi ragazzi e ragazze, l’ingresso nella vita adulta non è solo una fase di transizione, ma una vera e propria sfida quotidiana, fatta di decisioni da prendere, risorse da cercare, punti di riferimento da costruire. Sono tante e tanti e spesso si ritrovano ad essere invisibili, celati dietro una definizione di non facile comprensione: care leavers.
Chi sono i care leavers?
Con il termine care leavers si indicano i ragazzi e le ragazze che, al compimento della maggiore età, escono da un percorso di accoglienza fuori dalla famiglia di origine, come l’affido familiare o la comunità residenziale, disposto dall’autorità giudiziaria. In pratica, si tratta di giovani che hanno trascorso parte della loro infanzia o adolescenza lontano dai genitori e dai familiari, a causa di situazioni di abbandono, trascuratezza o violenza, e che al compimento dei 18 anni si trovano spesso a dover affrontare da soli il passaggio alla vita adulta. A differenza dei coetanei che possono contare sul supporto continuo della propria famiglia, i care leavers devono costruire in autonomia il proprio futuro, affrontando sfide cruciali, come trovare una casa, un lavoro stabile e gestire la quotidianità senza una rete familiare di riferimento. Per questo motivo, in molti Paesi, Italia inclusa, sono stati avviati progetti specifici per accompagnare questi giovani nel delicato percorso verso l’autonomia.
Quanti sono i care leavers in Italia?
In Italia, ogni anno circa 3.000 giovani raggiungono la maggiore età mentre si trovano in percorsi di accoglienza fuori famiglia. Tra questi, una quota importante è rappresentata dai Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA). Si tratta, però, di stime che devono essere gestite con prudenza, perché i dati ufficiali disponibili sono piuttosto frammentati. Numeri più sicuri sono quelli della Sperimentazione Nazionale Care Leavers, che dal 2018 ad oggi ha supportato quasi 1000 ragazze e ragazzi in 18 regioni.
Le sfide dei care leavers per l’autonomia: casa, lavoro, formazione
Uscire da un percorso di accoglienza al compimento dei 18 anni può sembrare, sulla carta, l’inizio di una nuova fase di vita, carica di novità e aspettative. Per molti care leavers, però, questo passaggio segna invece un momento di grande incertezza. Senza una rete familiare su cui contare, i ragazzi si trovano a dover affrontare da soli sfide complesse e interconnesse. Tra queste, come detto, alcune emergono con particolare urgenza: la ricerca di una casa, l’inserimento nel mondo del lavoro, la continuità del percorso di istruzione. Tre aree che non si presentano come compartimenti stagni, ma si influenzano a vicenda. È per questo che i percorsi di accompagnamento all’autonomia dedicati ai care leavers devono essere integrati, personalizzati e pianificati con anticipo.
Diritto all’abitare
“Dove vado a vivere?”. In molti casi, è questa la prima domanda che un ragazzo che vive lontano dalla famiglia rivolge a sé stesso, quando sente avvicinarsi il compimento della maggiore età. Non avere certezza di un tetto sopra la testa è forse una delle preoccupazioni più angoscianti che si possano avere. Perché una casa significa sicurezza, stabilità, dignità. Per i care leavers, però, questo diritto fondamentale è spesso fuori portata. Al momento di lasciare la comunità o la famiglia affidataria in cui hanno vissuto, molti di loro non dispongono di alternative concrete o di risorse sufficienti per sostenere un affitto. Le difficoltà economiche, la mancanza di garanzie e l’assenza di una rete familiare di appoggio rendono quasi impossibile accedere autonomamente al mercato abitativo. In questo contesto, il rischio di finire in condizioni di precarietà abitativa o di marginalità sociale è altissimo. Il diritto alla casa, riconosciuto dalla nostra Costituzione e da numerose convenzioni internazionali, dovrebbe tradursi in misure concrete a sostegno dei care leavers: soluzioni abitative temporanee, co-housing, contributi per l’affitto, ma anche accompagnamento educativo e relazionale. Ad oggi, a livello istituzionale, gli unici interventi a sostegno del diritto all’abitare dei care leavers sono stati adottati a livello regionale (e solo in alcune regioni) oppure inseriti all’interno della Strategia Nazionale Care Leavers, promossa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e a cui è dedicato uno dei prossimi paragrafi.
Inserimento lavorativo
Oltre la casa, l’altra sfida fondamentale per i care leavers è l’ingresso nel mondo del lavoro. Molti di loro, infatti, partono da una posizione di svantaggio: la discontinuità nei percorsi scolastici, l’assenza di reti di supporto e la mancanza di esperienze lavorative pregresse rendono difficile accedere a impieghi stabili e dignitosi. E anche quando riescono a trovare un’occupazione, si tratta frequentemente di lavori precari, mal retribuiti o non coerenti con le proprie aspirazioni. A pesare è anche la mancanza di accompagnamento: molti care leavers affrontano da soli il processo di orientamento professionale, la redazione del curriculum, i colloqui. Per colmare questo divario, servono, anche in questo caso, interventi mirati: tirocini retribuiti, percorsi di formazione professionale, incentivi per le aziende che assumono giovani provenienti da percorsi di accoglienza. Ma, soprattutto, serve un approccio che non consideri il lavoro solo come mezzo di sussistenza, ma come strumento di emancipazione e inclusione sociale.
In questo ambito, un'importante misura è stata introdotta con l'articolo 67-bis del Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77. Questa disposizione estende ai care leavers la possibilità di accedere alle quote di riserva previste per il collocamento mirato, ai sensi dell'articolo 18 della legge per l’inserimento lavorativo delle persone che necessitano di canali tutelati per l'accesso al lavoro. In pratica, i datori di lavoro pubblici e privati con più di cinquanta dipendenti sono tenuti a riservare una quota di posti (pari all'1% del totale) a favore di determinate categorie protette, tra cui ora rientrano anche i care leavers.
Per beneficiare di questa misura, i care leavers devono:
- aver compiuto la maggiore età vivendo fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria;
- essere disoccupati;
- avere tra i 18 e i 21 anni.
Istruzione e formazione
Come in parte anticipato, il logico a priori dell’inserimento lavorativo è l’acquisizione di competenze e conoscenze adeguate. È necessario, quindi, che i care leavers possano continuare a seguire percorsi di istruzione e formazione qualificati. La criticità risiede nel fatto che molti di questi giovani hanno vissuto esperienze di instabilità che possono aver interrotto od ostacolato i loro percorsi educativi, rendendo difficile il completamento degli studi o l'acquisizione di skill professionali. Per affrontare queste difficoltà, la già citata Sperimentazione Nazionale Care Leavers offre supporto attraverso progetti individualizzati che includono l'accompagnamento da parte di un tutor per l'autonomia. Inoltre, la sperimentazione prevede l'integrazione con misure nazionali come l'Assegno di Inclusione, che possono fornire ulteriori risorse per sostenere i percorsi educativi e formativi dei care leavers.
Cos’è la Sperimentazione Nazionale Care Leavers
A questo punto, visti i numerosi riferimenti di cui è già stata oggetto, è necessario approfondire il tema della Sperimentazione Nazionale Care Leavers, un programma strutturato, promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che si propone di sostenere il percorso verso l’autonomia dei neomaggiorenni, attraverso progetti individualizzati della durata di tre anni. Ogni progetto viene costruito su misura, insieme al ragazzo o alla ragazza, e mira a rafforzare competenze personali, relazionali, formative e lavorative. Al centro del percorso c’è il tutor per l’autonomia, una figura professionale dedicata che accompagna il care leaver giorno per giorno, supportandolo nelle scelte, nella gestione della quotidianità e nel rapporto con i servizi del territorio. Accanto al tutor, opera un’équipe multidisciplinare composta da assistenti sociali, educatori, psicologi e altri operatori, che garantisce un’azione integrata e coerente. Un altro pilastro fondamentale è rappresentato dalle borse per l’autonomia, contributi economici che permettono di sostenere spese legate all’abitazione, alla formazione, alla salute o ad altri bisogni essenziali. L’obiettivo è evitare che difficoltà economiche ostacolino il cammino verso l’indipendenza.
La sperimentazione è rivolta a giovani tra i 18 e i 21 anni che abbiano vissuto un’esperienza di accoglienza sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, indipendentemente dalla presenza o meno del prosieguo amministrativo. Con il tempo, il programma ha coinvolto un numero crescente di territori, contribuendo a sviluppare una cultura dell’accompagnamento graduale e personalizzato, in grado di restituire dignità, fiducia e prospettive concrete a chi si affaccia alla vita adulta senza una famiglia alle spalle. La Sperimentazione Care Leavers rappresenta oggi uno dei principali strumenti nazionali per contrastare il rischio di esclusione sociale in una fase cruciale della vita, promuovendo un’idea di transizione fondata sulla relazione, sulla responsabilità condivisa e sul diritto di ogni giovane a non essere lasciato solo.
Tuttavia, occorre evidenziare che per accedere alla Sperimentazione nazionale Care Leavers il Provvedimento dell'Autorità Giudiziaria deve essere di allontanamento dalla propria famiglia. Questo esclude i MSNA, che invece sarebbe importante ricomprendere nella sperimentazione come chiesto da numerose associazioni tra cui SOS Villaggi dei Bambini.
La normativa italiana dedicata ai care leavers
Ricapitolando, in Italia, esistono diverse norme dedicate ai care leaver ma non una legislazione unitaria. Gli interventi principali sono i seguenti.
- Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77. Ha incluso i care leavers tra i soggetti beneficiari delle assunzioni obbligatorie previste dal collocamento mirato, attribuendogli una quota di riserva pari all'1% nelle assunzioni da parte dei datori di lavoro pubblici e privati con più di cinquanta dipendenti, al fine di favorire il loro inserimento nel mondo del lavoro.
- Decreto Ministeriale 13 dicembre 2023. Ha previsto l'estensione dell'Assegno di Inclusione alle persone neomaggiorenni, di età compresa tra i 18 e i 21 anni, che vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria. L'obiettivo è quello di prevenire condizioni di povertà ed esclusione sociale, garantendo un sostegno economico durante il percorso verso l'autonomia.
- Accordo in Conferenza Unificata dell'8 febbraio 2024, n. 17/CU. Ha aggiornato le Linee di indirizzo per l'affidamento familiare e per l'accoglienza nei servizi residenziali. Particolare attenzione è stata rivolta ai neomaggiorenni, sottolineando l'importanza di progetti individualizzati di avvio all'autonomia che possano estendersi anche oltre il ventunesimo anno di età, fino al venticinquesimo anno, in casi specifici. Le linee guida prevedono interventi quali soluzioni abitative temporanee, sostegno all'inserimento lavorativo, supporto psicologico e facilitazioni economiche.
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