D'IMPROVVISO, UN GIORNO
– 07.01.2006
D'IMPROVVISO, UN GIORNO
Come inizia e si affronta un'emergenza umanitaria
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale ci sono stati oltre 150 conflitti armati (51 solo nel 1991). Si calcola che nel XX secolo circa 200 milioni di persone siano state uccise in eventi bellici o in altri conflitti violenti, oppure a causa di decisioni politiche legate alla guerra, come nel caso dell’Olocausto. Nel 2000, ad esempio, 300.000 persone sono decedute in combattimento o per ragioni connesse alla guerra (ad esempio per malattie o condizioni di malnutrizione)
La lotta alla povertà e la protezione dell’ambiente vanno di pari passo, particolarmente nelle aree rurali dei paesi in via di sviluppo, spesso inermi di fronte ai disastri naturali. L’impatto dei cataclismi, in termini di vite umane, è inversamente proporzionale alla libertà economica del Paese che colpiscono.
La relazione fra sottosviluppo e tragedie naturali ci è istintivamente familiare. Nel dicembre 2003, 30.000 persone sono morte a Bam, in Iran, quando un terremoto ha squassato l’80% degli edifici della città. L’anno prima, 40.000 persone sono rimaste vittime di un altro sisma a Gilan, sempre in Iran. Nel ’98, in Honduras e Nicaragua, l’uragano Mitch ne ha ammazzate almeno 10.000. Per tutte queste persone c’e’ stato un giorno, all’improvviso, in cui e’ iniziato il loro dramma personale. Sono somme di drammi personali diventati drammi collettivi, condivisi dall’umanita’ intera. Ferite ancora aperte o faticosamente rimarginate che fanno parte della storia dell’essere umano. Alcune catastrofi sono sotto i riflettori, altre sono dimenticate, come se la sofferenza potesse avere significati diversi.
Sia che le persone siano avvisate dell’imminenza di una catastrofe umanitaria (arrivo di un ciclone o l’attacco di paramilitari) sia che l’emergenza scoppi all’improvviso, generalmente le persone colpite sono costrette a lasciare le proprie case. Gli sfollati sono coloro che abbandonano i propri averi ma rimangono nel territorio dello stato di appartenenza.
rifugiati sono coloro che si spostano sul territorio di un altro stato. Spesso e volentieri cio’ capita alle popolazioni perseguitate per ragioni etniche, politiche o religiose, per cui la loro incolumita’ e’ assicurata solo in un paese terzo. Le vittime delle catastrofi umanitarie sono soprattutto nei paesi in via di sviluppo. I conflitti armati, infatti, scoppiano per la maggior parte in paesi instabili, caratterizzati da regimi tirannici, autoritari o debolmente democratici, dove il potere militare non e’ assoggettato al potere politico e dove i problemi non vengono risolti con mezzi pacifici. A livello internazionale ci si interroga se questi paesi siano instabili a causa della poverta’ e se si possa favorire lo sviluppo in contesi ove i regimi non sono democratici. Ci si trova di fronte a un ciclo vizioso di causa-effetto, dove la poverta’, lo sviluppo, la democrazia sono ognuno causa e effetto dell’altro.
Anche le catastrofi naturali colpiscono soprattutto i paesi in via di sviluppo, dato che buona parte di essi e’ ubicata in aree tropicali e sismiche. Inoltre nei paesi in via di sviluppo il depauperamento del territorio e’ una conseguenza della poverta’ e della mancanza di tecniche di conservazione. Essendo poveri, questi paesi non hanno le risorse sufficienti per affrontare le crisi umanitarie. Per questo e’ necessario un intervento tempestivo dall’esterno, capace di salvare migliaia di vite.
Laddove ancora esistente, il governo locale ha il compito di gestire e coordinare gli interventi umanitari, in collaborazione con l’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). In emergenze complesse, il coordinamento di tutti gli attori coinvolti e’ affidato all’OCHA, un organismo delle Nazioni Unite istituito con questo specifico mandato. Esistono protocolli di intesa con la CICR (Croce Rossa Internazionale), il PAM (Programma Alimentare Mondiale), l’UNDP (Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite), l’UNICEF (Programma per l’Infanzia delle Nazioni Unite), l’UNFPA (Programma delle Nazioni Unite per la popolazione), l’UNIFEM (Fondo delle Nazioni Unite per lo Sviluppo della Donna), l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanita’), l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), ECHO (Ufficio Umanitario dell’Unione Europea), la NATO e le ONG (organizzazioni non governative, ovvero associazioni no-profit).
I fondi necessari all’intervengo provengono dalle risorse delle Nazioni Unite e da allocazioni straordinarie da parte dei governi occidentali. Alcune agenzie delle Nazioni Unite raccolgono fondi con campagne di sensibilizzazione nei paesi occidentali, cosi’ come fanno soprattutto le ONG per mantenere un’indipendenza nelle decisioni di intervento. Ogni attore coinvolto ha una competenza specifica a cui dedicarsi, in coordinamento stretto con le altre strutture. Mentre si forniscono alle vittime protezione e assistenza immediate, - cure mediche di emergenza, distribuzione di kit alimentari, igienici e ripari temporanei nel luogo in cui sono intercettate - , il gruppo di coordinamento monitora la situazione e pianifica l’emergenza. Si pianificano le modalita’ di ricovero e alloggio nel breve e medio periodo, eventuali programmi di spostamento della popolazione in campi profughi, l’organizzazione degli approvvigionamenti e della distribuzione dei beni, le modalita’ di erogazione dei servizi, l’impatto sulla comunita’ recipiente e la distribuzione dettagliata dei compiti tra i soccorritori.