Il futuro del Rwanda – 07.04.2014

Il futuro del Rwanda

Milano 7 aprile 2014 - Quale sarà il futuro del Rwanda? Come si può costruire un’identità ruandese unita e solidale? Quali sono le trasformazioni necessarie per emergere da una situazione economica e sociale profondamente insoddisfacenti? Oggi, il Rwanda si trova nella delicata situazione di dover passare dall’assistenza umanitaria, generata dal genocidio del 1994, a uno sviluppo sostenibile.

Alfred Munyentwari, il Direttore Nazionale di SOS Villaggi dei Bambini in Rwanda, ci racconta: “Il genocidio del 1994 ha avuto effetti devastanti sulla popolazione del Rwanda. L’80% dei ruandesi ha perso familiari stretti. Il 90% della popolazione vive in condizioni di povertà e il 40% dei ruandesi sono malnutriti. 690.000 bambini crescono senza cure parentali e 130.000 sono orfani a causa dell’AIDS. Molti tra loro sono stati reclutati come bambini soldato per combattere nella Repubblica Democratica del Congo. Un bambino su 10 muore prima di compiere 5 anni. Numeri terribili. Noi abbiamo iniziato il nostro lavoro in Ruanda nel 1978, costruendo il primo Villaggio SOS a Kigali. Il secondo Villaggio SOS è stato costruito nel 1992 a Gikongoro. Con lo scoppio della guerra civile ci siamo occupati dei bambini abbandonati e delle mamme e figli rifugiati. Nel 1997 abbiamo costruito un Villaggio SOS a Byumba con una scuola materna ed elementare e una clinica SOS che cura oltre 4.000 pazienti l’anno. L'afflusso di rifugiati nel paese ha portato a un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e al degrado ambientale. Le scuole sono sovrappopolate, con conseguente bassa qualità dell'istruzione. La popolazione ruandese è destinata a raddoppiare, toccando i 16 milioni entro il 2020. Occorre una reale trasformazione; dobbiamo passare da un'economia agricola di sussistenza a una società basata sull’istruzione e sulla formazione professionale. Il futuro del Rwanda deve partire dai bambini, dai giovani!”.

Nel 1990 il Rwanda ha sviluppato un Piano di crescita noto come Vision 2020 che si propone di:
  • Ricostruire la nazione partendo da uno stato capace
  • Sviluppare un efficiente settore privato guidato da competitività e imprenditorialità
  • Investire su istruzione, salute, formazione professionale
  • sviluppare le infrastrutture: miglioramento dei trasporti, energia e approvvigionamento idrico
  • Promuovere l'integrazione economica regionale
Yolande Bouka è una studiosa della prevenzione dei conflitti e dell’analisi del rischio in Africa centrale e nella regione dei Grandi Laghi. Ecco cosa ci ha spiegato:“Se la situazione in Ruanda continuerà a essere pacifica, vi è la possibilità che i benefici economici tocchino anche la popolazione rurale. Immagino un futuro luminoso nel caso in cui ci sia la possibilità di liberalizzare l'economia, dare maggior potere agli agricoltori e permettere una diversificazione economica. Il Rwanda deve assolutamente ricordare il genocidio e l'intero periodo di violenza vissuti. Solo così avrà la possibilità di raggiungere una riconciliazione sostenibile. Sono necessarie forza e coraggio per affermare che le vittime sono state causate da una cattiva leadership. I singoli individui che hanno visto le famiglie decimate, dovrebbero iniziare a parlare dell'impatto delle loro perdite sulla loro vita. Questo permetterà loro di guarire e contribuirà ulteriormente alla riconciliazione e alla pace. La crescita economica, da sola, non è sufficiente a determinare l'aumento necessario del tenore di vita della popolazione. Per sconfiggere la fame e la povertà, la crescita deve essere a favore dei poveri, dando a tutti la possibilità di acquisire nuove opportunità economiche”.  

"Essere Tutsi non significa più niente per me. Sono ruandese. Voglio che i miei figli non si sentano ruandesi ma cittadini africani, cittadini del Mondo. Il futuro del Paese dipende anche e soprattutto dai bambini, da cosa imparano, da ciò che viene insegnato a scuola. La pace ci sarà se insegneremo la pace” - dice una ragazza cresciuta nel Villaggio SOS di Byumba.