Patricia, "Mamma SOS" in francia
– 15.01.2006
PATRICIA, "MAMMA SOS" IN FRANCIA
La testimonianza di Patricia ha ancora più valore alla luce del fatto che recentemente il Governo Francese, in accordo con i Sindacati, ha riconosciuto ufficialmente il mestiere di Educatrice Residenziale.
Patricia proviene da una famiglia della classe operaia e cresce in un sobborgo parigino ove il crimine ed i problemi sociali fanno parte della vita quotidiana. Benché viva in questa situazione, Patricia ha un’infanzia felice, sicura e piena di amore. Ella scopre, all’interno della sua famiglia, quanto siano importanti le relazioni umane, la solidarietà e l’onestà. La sua famiglia, ancora oggi, le dà forza e sostegno.
Patricia lascia la scuola quando ha quindici anni e fa un tirocinio per diventare parrucchiera. Poi, lavora come insegnante al pre-scuola per qualche tempo. Infine, lavora in una grande azienda. Là progredisce nel tempo e guadagna molto.
Nonostante la sua carriera di successo, Patricia si sente vuota dentro. Le piacerebbe avere relazioni umane più strette anche al lavoro. Trova ciò che stava cercando nei Villaggi SOS e dice: “Dare agli altri, in modo da ricevere indietro qualcosa – non è forse questo ciò che è la vita?”
LA STORIA DELLA SUA VITA
“La mia famiglia è la mia vita, la mia sicurezza e la mia sorgente di forza”
Che cosa significa per Lei “famiglia”?
Nella nostra famiglia siamo molto legati gli uni agli altri. Il termine “famiglia” è molto importante per noi. Entrambe le mie sorelle sono anche le mie migliori amiche. Per me, la mia famiglia sono i miei genitori, le mie sorelle, ambedue i miei cognati , i miei nipoti e le mie nipoti. La mia famiglia è la mia fune di salvataggio, la mia sicurezza e la mia sorgente di forza. Per me è tutto.
Quale è stato il suo iter educativo e la sua carriera?
Sono stata mandata all’asilo- nido quando avevo otto mesi. Più tardi, sono andata al pre-scuola, alla scuola elementare ed al liceo. A quindici anni ho lasciato il liceo e ho iniziato l’apprendistato come parrucchiera . Questo durò tre anni. Ho ottenuto il diploma e quindi il certificato di operaia specializzata dopo un altro anno di tirocinio. Dopo di che, il mio datore di lavoro non ha voluto prorogare il mio contratto, perché ero troppo qualificata per lui ed avrei guadagnato troppo. Ero disoccupata. Durante questo periodo ho cominciato a lavorare come persona che si prende cura dei bambini nel pre-scuola. Ciò mi piacque moltissimo.
Comunque, il problema era lo stipendio. Non guadagnavo molto e vivevo ancora con i miei genitori. Un anno più tardi, ho iniziato a lavorare come operaia in un’azienda. Sono progredita fino al livello direzionale e sono rimasta là per sedici anni. Questa ditta è stata poi assorbita tre anni fa. In quel momento ho deciso di lasciare.
MOTIVAZIONE PROFESSIONALE
“Ho bisogno di rapporti aperti, seri ed onesti”.
La maggior parte delle donne sentono il bisogno di sposarsi e di avere figli durante la loro vita. Non sentivo quel bisogno quando ero giovane e non mi preoccupavo.
Tutte le mie amiche si sono sposate quando erano ancora molto giovani. Io non mi sono sposata e ciò preoccupava gli altri più di quanto importasse a me. Anche i miei genitori pensarono molto a questo fatto.
Sono felice di come sono. Ci sono così tante altre cose nella vita: così tante possibilità per aiutare altra gente ad esempio. Ho detto a me stessa che avrei trovato soddisfazione in questo modo. So di aver bisogno di un sentimento di fiducia. Ho bisogno di rapporti aperti, seri ed onesti.
Quando ha avuto per la prima volta l’idea di diventare una Educatrice Residenziale SOS?
Lavoravo oltre undici ore al giorno. Ciò mi piaceva al principio. Avevo la possibilità di sviluppare la mia carriera ed era interessante. Col passar degli anni, mi sono accorta che non ero soddisfatta e che non avevo ciò che mi attendevo dalla vita. Così, ho cominciato a rallentare e a pensare a ciò che mi preoccupava. Avevo sempre avuto possibilità nella vita che avevo afferrato , ma in realtà non ero mai io che dettavo ciò che desideravo fare o non fare.
Sono stata abbastanza fortunata a guadagnare bene e a fare un lavoro che mi è piaciuto per molti anni. Ma mi sono accorta che il denaro non era tutto e che dovevo fare qualcosa d’altro, affinchè la mia vita fosse appagata. Fu a questo punto che cominciai a chiedermi ciò che veramente desideravo fare. Andai a casa di mia sorella in Bretagna ed essa mi disse: “Stai qui e prendi il tempo che ti occorre per pensare”.
Desideravo essere una madre adottiva. Non sarebbe stato possibile però, poiché in Francia bisogna essere sposati ed avere figli propri. Così scrissi a giornali e riviste femminili, chiedendo informazioni e consigli. Descrissi i miei motivi e ciò che desideravo fare. Tutti loro mi inviarono risposte e suggerimenti circa le varie organizzazioni a cui rivolgermi. E’ così che ho avuto l’indirizzo dei Villaggi SOS in Francia.
Il concetto SOS era esattamente quello che cercavo. Come spiega agli altri il perché Lei è diventata una Educatrice Residenziale SOS?
Se un anno fa mi avesse chiesto perché sono qui, avrei risposto: “Per aiutare gli altri”. In realtà, chiedi a te stessa perché sei qui tutto il tempo. La mia base e la mia motivazione sono oggi le stesse, ma i miei sentimenti sono differenti.
Perché sono qui? Certamente per aiutare gli altri, ma sono anche qui per conto di me stessa. Ho bisogno di sentire che sono utile. Ho bisogno di sentire che il mio lavoro è tenuto in considerazione. Ed ho bisogno di avere la coscienza pulita, facendo qualcosa anche per me stessa. Se desideri dare agli altri, devi prima di tutto essere certa in te stessa. Penso che devi essere convinta e che ti è necessario un impegno morale. Le donne che fanno questa professione hanno una cosa in comune: danno qualcosa se stesse. Forse sto esagerando un po’ quando dico questo. Dare agli altri, in modo da ricevere qualcosa di ritorno –non è questo ciò che è la vita?
ESPERIENZE COME EDUCATRICE RESIDENZIALE
“E’ un nuovo inizio: un nuovo modo di vivere, di pensare e di agire”
Sono arrivata al Villaggio SOS col mio bagaglio il 1° Settembre 1999. La prima cosa che feci fu prender parte ad un incontro che riguardava la costruzione. Tre delle dieci case famiglia e la casa della comunità erano già finite. Mi fecero visitare le case ancora in fase di costruzione e trovai ciò molto piacevole, ma anche molto buffo, poiché chiesero la mia opinione. In seguito, mi fecero scegliere la carta da parati ed il mobilio per la casa in cui stavo per andare a vivere. L’intera squadra mi accettò con calore; a quel tempo c’erano il direttore del Villaggio e tre educatrici residenziali”.. Mangiai con una delle mie colleghe, che già viveva con i suoi bambini. La sua casa non era stata finita del tutto e c’erano ancora molte cose mancanti.
Iniziai un corso pratico di un mese con un lavoratore sociale all’inizio di settembre e in ottobre ero pronta per l’accoglienza di un gruppo di quattro fratelli e sorelle.
Come descriverebbe i suoi compiti nel Villaggio SOS?
I miei compiti sono di dare ospitalità a bambini, di accompagnarli, dar loro sostegno e amarli. Sono qui per dar loro un posto sicuro dove essi possano trovare fiducia. Questo dovrebbe rendere possibile a tutti loro di crescere nel modo in cui tutti i bambini hanno diritto.
Che cosa è cambiato nella sua vita da quando lavora nel Villaggio SOS?
E’ un nuovo inizio: un nuovo modi di vivere, di pensare e di agire. Ho buoni rapporti, specialmente con i bambini.
Sto imparando molto da loro. Devi essere capace di trovare il tuo posto, riconoscere i tuoi errori, chiedere, osservare ed analizzare te stessa.
Non ero capace di fare ciò prima. Quello che contava allora erano i risultati. E’ meraviglioso incontrare persone che ti danno un caldo benvenuto e che trovano il tempo di ascoltare.
La mia attitudine ed il mio comportamento sono cambiati e sono adesso migliorata nell’ascoltare gli altri. Sono molto meno stressata e non ho più emicranie. Non puoi fare questa professione come qualsiasi altra. Tutto deve essere preso seriamente quando si tratta di rapporti umani, altrimenti non funzionano. Nella nostra vita giornaliera, può succedere che io rimproveri i bambini. Quando sono da sola la sera, mi chiedo se ho agito correttamente, o se sono andata troppo oltre. Non sono mai stata avvezza a fare ciò. Ma una educatrice residenziale non può mai asserire che tutto va bene, e che ogni cosa è perfetta.