Testimonianze: intervista a Sandra Buerger
– 12.10.2006
Testimonianze - Intervista a Sandra Buerger
Sandra Buerger fa parte di uno dei gruppi di discussione di Quality4Children, nata per rappresentare all'interno del mondo SOS la voce della gioventù. Il suo punto di vista è prezioso poiché ha vissuto in una Casa del Giovane SOS in Austria dall'età di 15 anni. La sua prospettiva sugli standard di qualità nell'assistenza ai bambini e ai ragazzi che crescono fuori dal nucleo familiare biologico è quindi quella dei beneficiari. La più importante.
Sandra, sei uscita dalla tua famiglia relativamente tardi, a 15 anni. Era una situazione completamente nuova per te?
Sandra: C’è sicuramente una grande differenza tra l’aver avuto una relazione affettiva importante nella propria infanzia e non averla avuta. Mia madre rimase con me fino a quando avevo 8 anni. Avevamo un buon rapporto, cosa che sicuramente ha avuto effetto su di me e mi ha aiutato molto. Fino a quel momento non mi era mai mancato nulla.
Mi sono trasferita nella casa del giovane di Lohbach successivamente, quando stava diventando sempre più chiaro che mio padre non era in grado di prendersi cura di me. Non potevo crescere nel caos e mi trovavo costretta ad assumermi completamente la responsabilità di me stessa.
È stato soprattutto per caso che mi sono imbattuta nei Villaggi SOS; l’assistenza sociale per la gioventù mi ha aiutato solo quando mi rivolsi loro per la seconda volta. C’erano poche strutture in grado di accogliere ragazzi a lungo termine e di riservare loro cure adeguate. La Casa del Giovane SOS è organizzata in maniera tale che sette ragazze condividano un appartamento, affiancate da un educatore o un'educatrice. Quando hai 15 o 16 anni puoi vivere lì in modo più o meno indipendente.
Nonostante tutto, questa era la soluzione migliore per me. La mia vita finalmente tornava ad avere ordine. Le cose si erano sistemate, anche dal punto di vista finanziario.
Guardando indietro, c’é qualcosa di cui avevi bisogno che la Casa del Giovane non ti ha dato o avrebbe potuto darti?
Sandra: Le sette ragazze avevano un educatore maschio. Io avevo un ottimo rapporto con lui, era sempre presente quando avevi bisogno di qualcosa.
Ancora adesso posso rivolgermi a lui in qualsiasi momento, ma ora naturalmente è più che altro un amico.
Tuttavia si sentiva sicuramente
la mancanza di una presenza femminile, perché quella è esattamente l’età in cui le ragazze hanno bisogno di una figura femminile come “supporto emotivo”.
Un’educatrice donna di Telfs (dove c’è un’altra Casa del Giovane SOS) veniva solo una volta alla settimana, ma non era mai la stessa persona. Una volta venne una ragazza che aveva appena terminato il suo percorso di formazione ed aveva vissuto con i suoi genitori fino a quel momento.
Come può qualcuno che non ha avuto esperienze simili sapere di cosa stai parlando, di che cosa hai bisogno? Era questa la ragione per la quale le ragazze non la prendevano seriamente.
A dire il vero, le ragazze della casa non erano molto in confidenza fra loro, cosa che fu un problema per me in un primo momento; più tardi persi ogni interesse in proposito, perché in fondo non avevamo molto in comune.
Ero una brava ragazza, mi impegnavo molto a scuola per prendere dei buoni voti e cercavo di non combinare guai.
Proprio perché non avevo molto a che fare con le altre ragazze della casa,
Quality4Children è stata per me un’esperienza fantastica: lì potevo parlare per la prima volta a
persone che erano nella mia stessa barca, gente che aveva avuto esperienze simili.
Avevi lo stesso tipo di opportunità e possibilità di crescita di una persona che vive con la sua famiglia biologica?
Sandra: In generale sì, per lo meno per quello che riguarda l’educazione e la preparazione scolastica. Poiché avevo già dovuto essere indipendente prima, ero precoce rispetto ai miei coetanei.
Di conseguenza, tuttavia, avevo perso in parte la spensieratezza tipica di quell'età. Questo era un problema soprattutto a scuola, perché i miei compagni erano cresciuti in un altro mondo: soffrivo parecchio per queste differenze.
Adesso sono in terapia per imparare ad accettare quelli che sono stati i diversi momenti della mia vita, per capire di cosa avrei avuto bisogno e soprattutto quando. Io penso che sarebbe stato utile se la Casa del Giovane fosse stata in grado di offrire terapia, ad esempio. Molte delle ragazze avrebbero potuto usufruirne.
Cosa, di ciò che avrebbe potuto darti la tua famiglia biologica, non ha potuto e non può essere sostituito dalle forme di assistenza?
Sandra: Il desiderio di legami, di una casa vera, non va mai via. Non puoi far nulla per compensarlo. Quando i bambini vengono portati ancora piccoli in una di queste strutture, molto nella loro vita è già successo. Ragazze che sono andate fuori strada spesso si trasferiscono nella Casa di Lohbach. Altri ragazzi sono immigrati turchi di seconda generazione, bloccati a metà tra due culture. Molti di loro semplicemente non hanno il controllo delle loro vite. È difficile.
A tuo parere, quanto efficace è l’assistenza fuori dal nucleo familiare di origine?
Sandra: Penso che famiglie affidatarie e Villaggi SOS siano un’ottima soluzione.
La cosa importante è la qualità delle relazioni. Anche questo è diventato chiaro dagli standard di Quality4Children.
Il progetto Quality4Children è basato sul coinvolgimento dei beneficiari. Come possiamo definire in maniera specifica la partecipazione nell’assistenza?
Sandra: Per i ragazzi si tratta soprattutto di sentirsi chiedere che cosa vogliono, pensano e sperano; di capire che ci sono persone che vogliono conoscere la loro opinione.
Aiutare a gestire l’ambiente nel quale vivi è molto importante. Parlo della mia esperienza personale. I muri nella casa di Lohbach erano fatti di cemento. Non ero autorizzata a dipingerli o a personalizzare il mio appartamento.
Ovviamente quello spazio non appartiene solo ad una persona, ma sarebbe stato bello avere una certa libertà. Per quanto riguarda l’assistenza speciale a Lohbach, sarebbe stato fantastico avere attività congiunte con un’altra Casa, per esempio quella di Telfs.
Non ce n’era quasi nessuna. E sarebbe stato sicuramente d’aiuto se tutti quelli che vivevano nella casa si fossero incontrati regolarmente per scambiare opinioni e porre l’attenzione su problemi che riguardavano tutti.
Sandra, qual è stato il tuo ruolo nel progetto Quality4Children?
Sandra: La scorsa primavera ho ricevuto una telefonata; mi si chiedeva se volevo andare al congresso Quality4Children. Non sapevo nulla del progetto, ma sembrava interessante, allora Helene (un’altra giovane cresciuta nei Villaggi SOS) ed io siamo andate a Gmunden.
A dire il vero pensavamo di andare prevalentemente per ascoltare, ma ci siamo ritrovate in un workshop di giovani, i cui risultati dovevano essere presentati all’assemblea plenaria. Davanti a 500 persone!
Helene ed io ci siamo limitate ad attaccare un paio di poster, lasciando il compito di parlare ad altri ragazzi. Ma è stata un’esperienza fantastica! Per la prima volta potevamo scambiare opinioni con gente che era sulla nostra stessa barca, che avevano fatto esperienze simili. Non avevo mai fatto nulla del genere prima ed era meraviglioso, perché sapevano esattamente di cosa stessi parlando!
Sì, e poi pochi mesi fa mi è stato chiesto se volevo prender parte ad un gruppo di discussione. Lo volevo, naturalmente. Avevo chiesto diverse volte se c’erano possibilità di continuare a lavorare con loro. Era fantastico partecipare agli incontri! Ma era anche faticoso: un giorno a Praga, per esempio, abbiamo lavorato per dodici ore.
Una delle cose belle del progetto Quality4Children è che c’è almeno un giovane in ognuno dei gruppi di lavoro: spesso pensiamo in maniera davvero diversa e credo sia fantastico avere la possibilità di discutere i problemi, di lavorarci sopra.
Credo siano davvero contenti di noi ragazzi, perché ogni volta che qualcuno di noi apre la bocca e dice qualcosa, si fa silenzio e tutti ascoltano. Muoiono dalla voglia di sentire quello che abbiamo da dire!
Pensi che un progetto come Q4C sia capace di condurre a dei reali cambiamenti e al necessario miglioramento?
Sandra: Come ho detto, penso che questo progetto sia fantastico, ma ultimamente si è trattato soprattutto di fissare degli standard, assicurare che siano adottati e di capire come ciò sarà fatto. Se tutto questo funziona, allora vedremo sicuramente dei miglioramenti. Gli standard riguardano prevalentemente fiducia, ascolto e dedizione. C’è per esempio uno standard che dice: “Cerca di mantenere le promesse.”
La qualità della relazione: quella è la cosa più importante.
C’è uno standard che è particolarmente importante per te?
Sandra: La cosa più importante per noi ragazzi era il fatto che se lasciavi la casa potevi tornarci, se non riuscivi a cavartela da solo. So che è difficile tornare, ma a volte è importante avere questa possibilità. La maggior parte dei giovani che crescono fuori dal nucleo familiare d’origine cercano poi relazioni intense. Hanno figli quando sono ancora giovani, diventano dipendenti dal loro ragazzo o ragazza o da chiunque altro e finiscono per avere un’altra crisi. Hanno spesso ancora bisogno di aiuto.
Ma devo dire che ognuno degli standard è importante.
Bisogna veramente chiedere ai giovani dove vogliono vivere, cosa vorrebbero fare della loro educazione, far capire loro che possiamo fare piani insieme: tutto questo è importante.
Qualcosa di ciò che vogliono ragazzi è sicuramente utopico e non può davvero essere messo in pratica, ma la cosa importante è che si chieda la loro opinione e che siano date motivazioni nel caso in cui i loro desideri non possano essere esauditi. A quel punto sentono di essere presi sul serio.
Se gli standard dovessero essere cambiati, cosa migliorerebbe nel futuro dei bambini assistiti?
Sandra: L’assistenza sta diventando sempre più individuale.
L’assistenza non può essere sistematizzata ed automatizzata, poiché ogni ragazzo ha i suoi specifici bisogni. Un’assistenza individuale significa sicuramente costi maggiori, ma è necessario che sia tale. Non ci può essere un percorso standard.