Violenza assistita
Diritti dei bambini

Violenza assistita, quando i bambini sono testimoni della brutalità degli adulti

In Italia, la violenza assistita, cioè quella che i bambini vedono subire dalla proprie mamme, è presente in oltre la metà dei casi di maltrattamenti domestici contro le donne. Un fenomeno ampio ma spesso silenzioso, che può lasciare ferite profonde sulla psiche dei minorenni, fino a trasformarli in adulti sofferenti. Per questo motivo è importante conoscere la violenza assistita e contrastarla.

La famiglia, per sua natura, soprattutto per un bambino, dovrebbe essere un luogo di protezione, conforto, benessere, un porto sicuro in cui rifugiarsi in caso di difficoltà. Troppo spesso, invece, diventa essa stessa uno scoglio, uno spazio pericoloso, una fonte di sofferenze e di profonde cicatrici. Ne sono un esempio i tanti (troppi) episodi di violenza domestica, nelle sue molteplici forme, compresa la violenza assistita. Un fenomeno estremamente diffuso ma troppo spesso ignorato, che è necessario invece conoscere e portare alla luce, per cercare di contrastarlo efficacemente.

Cos’è la violenza assistita? Definizione e dimensioni di un fenomeno preoccupante

Con il termine violenza assistita si intendono

tutti quei casi in cui un minorenne vede una persona a cui è legato da un vincolo affettivo oppure una figura di riferimento subire una qualche forma di violenza, sia essa fisica, verbale, psicologica, sessuale o economica.

Un bambino può essere esposto alla violenza assistita:

  • in modo diretto, quando questa avviene nel suo campo percettivo (visivo o uditivo);
  • in modo indiretto, prendendo coscienza di quello che sta accadendo, osservando gli effetti stessi della violenza sul corpo della vittima (lividi e ferite), sulla sua psiche (stress/umore diverso dal normale), sull’ambiente in cui vive (tavoli e porte rotte), nell’alterazione della normale vita familiare (entrando in contatto con gli assistenti sociali, il sistema giudiziario o il personale sanitario).

Di per sé, la violenza assistita non è considerata reato dall’ordinamento penale italiano, ma la Legge 69 del 19 luglio 2019, nota come "Codice Rosso", l’ha inserita tra le circostanze aggravanti per i reati di maltrattamento domestico (articolo 572 del Codice penale). Già nel 2018, però, la Corte di cassazione si era spinta a considerare integrato il reato maltrattamento sul minorenne anche nel caso in cui questo sia involontario spettatore della violenza.

Appare chiaro, quindi, come anticipato, che il fenomeno della violenza assistita è strettamente collegato con quello della violenza domestica e della violenza di genere sulle donne. Sono, infatti, tristemente diffusi gli episodi che vedono il bambino assistere alle violenze subite in casa dalla mamma. Inoltre, alla violenza assistita si affianca molto spesso anche quella diretta proprio sul minorenne.

Nonostante la sua rilevanza e la sua diffusione, non è facile conoscere esattamente il numero di casi di violenza assistita in Italia. Secondo i dati diffusi dall’Istat sulla violenza di genere, relativi ai primi due trimestri del 2024, oltre il 51% delle donne vittime di maltrattamenti dichiara che i propri figli assistono alle violenze (e nel 19% dei casi le subiscono anche in prima persona). Statistiche allarmanti, se si considera che, secondo i dati in possesso del Ministero degli interni, in un decennio (2013-2023) sono cresciuti del 105% i maltrattamenti contro familiari e conviventi.

Le ripercussioni della violenza assistita: effetti da bambini e conseguenze da adulti

Come è facile immaginare, l’esposizione del minorenne alla violenza perpetrata all’interno delle mura domestiche, da un genitore nei confronti dell’altro o di un fratello o una sorella, influisce in modo negativo su diversi aspetti della sua crescita. Le conseguenze sono gravi sia nel breve che nel lungo periodo, trascinandosi fino all’età adulta, e gli effetti sono ancora più significativi se il bambino è esposto alla violenza nei primissimi anni di vita.

In particolare, assistere alle violenze può danneggiare:

  • lo sviluppo fisico, causando deficit nella crescita, ritardi nello sviluppo psico-motorio, deficit visivi;
  • lo sviluppo cognitivo, generando effetti negativi sull’autostima, sulla capacità di empatia e sulle competenze intellettive, oltre che provocare disturbi del linguaggio e disturbi evolutivi dell’autocontrollo (come deficit di attenzione e iperattività);
  • lo sviluppo comportamentale, portando all’insorgere o all’aggravarsi di stati di paura costante, senso di colpa nel non essere la vittima diretta della violenza, tristezza e rabbia dovute al senso di impotenza e all’incapacità di reagire alla violenza.

Negli anni, quindi, il bambino vittima di violenza assistita può diventare un adolescente e poi un adulto che soffre di depressione, disturbi alimentari e dell’umore, stress post traumatico o dipendenza da sostanze.

Inoltre, la violenza assistita mette anche a rischio la naturale evoluzione del rapporto tra il bambino e la madre che subisce la violenza. Infatti, una mamma turbata e traumatizzata dalla violenza ha più probabilità di mettere in atto comportamenti contraddittori verso il/la figlio/a o che denotano paura e che a loro volta spaventano i bambini.

Cosa fare in caso di violenza assistita

In caso di violenza assistita, quindi, è fondamentale adottare alcune misure per proteggere il minorenne e favorire un ambiente sicuro. Molte di queste misure, è bene precisare, possono e devono essere attuate solo da professionisti.

Denunciare e/o segnalare gli abusi. Se si è vittime di violenze che coinvolgono anche minorenni o si sospetta che un bambino stia assistendo a episodi di maltrattamenti domestici, è importante denunciarlo o segnalarlo alle autorità competenti (forze dell’ordine, assistenti sociali, associazioni specializzate). La segnalazione può essere anonima e permette di avviare interventi di protezione.

Proteggere e allontanare il minorenne dalla violenza. La prima conseguenza materiale della denuncia o segnalazione è garantire al minorenne un ambiente sicuro, allontanandolo dalle situazioni di violenza, anche temporaneamente, magari attraverso strutture di accoglienza protette.

Fornire supporto psicologico. Un sostegno psicologico da parte di professionisti qualificati può aiutare il minore a elaborare l’esperienza e a prevenire effetti negativi a lungo termine.

Fornire supporto ai genitori e agli adulti coinvolti. Anche gli adulti possono necessitare di supporto per interrompere le dinamiche violente. Esistono programmi e centri di assistenza per aiutare sia le vittime di violenza domestica sia gli autori a modificare comportamenti distruttivi.

Educare e sensibilizzare. È utile sensibilizzare la comunità sull’importanza di intervenire in caso di violenza assistita, promuovendo una cultura di protezione dell’infanzia. Anche nelle scuole si possono attivare programmi per riconoscere e affrontare i segnali di disagio nei minorenni.

L’impegno di SOS Villaggi dei Bambini contro la violenza assistita e le sue conseguenze

Ciò che è certo è che la complessa situazione che vivono i minorenni vittime di violenza assistita richiede degli interventi di qualità, capaci di mettere al centro il superiore interesse del bambino e di intervenire prendendo in considerazione sempre la famiglia e la rete di relazioni in cui il bambino è immerso. In quest’ottica, si inquadra il lavoro che, come SOS Villaggi dei Bambini, portiamo avanti da oltre 60 anni in Italia, sostenendo i minorenni a rischio di perdita delle cure dei genitori o temporaneamente allontanati dalla famiglia d’origine.

Cuore di questa azione è il Programma Mamma e Bambino, che riguarda sia l’accoglienza che il sostegno alla famiglia, e il cui obiettivo primario è evitare la separazione del minorenne dal contesto familiare di appartenenza. In particolare, interveniamo per sostenere le capacità genitoriali di ogni donna, affinché la relazione mamma/bambino venga mantenuta e rafforzata.

Operativamente, il Programma Mamma e Bambino si sviluppa presso i Villaggi SOS e in un Programma di affido familiare interculturale a Torino, attraverso tre tipologie di servizi.

  • Casa SOS Mamma con Bambino, che accoglie giovani madri con il bambino e gestanti che hanno bisogno di un sostegno nel periodo della gravidanza e durante i primi anni de* figl*, per ragioni sociali o perché prive di relazioni familiari valide. Il servizio è organizzato in collaborazione con i servizi sociali territoriali competenti.
  • Casa SOS per donne vittima di violenza, dedicata alle donne (ed eventualmente ai loro figli) vittime di violenza o a rischio di possibili maltrattamenti che sono costrette ad allontanarsi da casa e non hanno soluzioni abitative alternative né indipendenza economica. Il servizio è organizzato per dare alle donne un ambiente il più possibile sereno e protetto e vengono garantiti assistenza dal punto di vista psicologico, legale e sanitario
  • Appartamenti per l’autonomia, all'esterno del Villaggio SOS, per lavorare sul recupero della genitorialità attraverso un lavoro sul rapporto mamma-bambino e l'acquisizione di una indipendenza di tipo lavorativo ed economico.

Scopri la campagna “La violenza non è un gioco”